Formazione e lavoro (1861-2007)

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Il testo ripercorre 150 anni di storia del sistema educativo italiano assumendo come cartina di tornasole i segmenti e le funzioni che l’hanno legato al lavoro e al sistema produttivo. L’intento non è quello di una sistemazione delle informazioni disponibili alla luce di una scaltrita e navigata visione interpretativa.

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Descrizione

Il testo ripercorre 150 anni di storia del sistema educativo italiano assumendo come cartina di tornasole i segmenti e le funzioni che l’hanno legato al lavoro e al sistema produttivo. L’intento non è quello di una sistemazione delle informazioni disponibili alla luce di una scaltrita e navigata visione interpretativa. È piuttosto quello di esplorare un terreno non calcato, di tracciarne prime e imprecise mappature, di testare gli strumenti metodologici atti a dissodarlo, di avanzare ipotesi su quello che vi può crescere. Il lavoro propone al dibattito di merito (degli storici, dei pedagogisti, degli operatori, degli esperti di politiche e dei decisori) alcune ipotesi interpretative. Alcune sono desunte da dati di fatto incontrovertibili. Alcune sono l’esito di una prima rilettura dell’informazione statistica disponibile. Altre sono il frutto dell’elaborazione teorica che soggiace allo sforzo di rilettura storica – esponendosi quindi al rischio della pronta falsificazione. Quella che oggi conosciamo come formazione professionale nasce per iniziativa e impulso di sodalizi privati (associazioni, sindacati, cooperative, sodalizi mutualistici, ordini religiosi) nella parte settentrionale del Paese. In un singolare palleggio istituzionale tra ministeri, surroga e spesso sostituisce un’iniziativa pubblica numericamente insufficiente e spesso poco qualificata. Si espande in tutto il Paese e raggiunge il suo apogeo negli anni del Boom economico. La regionalizzazione, che avrebbe dovuto rilanciarla, segna l’avvio del suo declino e il suo ritirarsi dal resto del Paese e riconcentrarsi nelle aree della sua genesi. A riconfermare un dualismo territoriale che, sul terreno educativo e formativo, nulla mai è stato in grado di contrastare. Ne emerge un ritratto non consolatorio della vicenda della nostra formazione tecnica e professionale, e del Paese: vi entrano in gioco poste essenziali come il concetto e l’organizzazione dello stato, le forme giuridiche del suo agire, la natura e le profonde debolezze delle classi dirigenti, la vitalità di una società civile pur orba di guida e indirizzo, l’estenuazione retorica che riduce a ornatus persino le leggi scientifiche, le derive di una dialettica sociale e, in particolare, di relazioni industriali incapaci di vestire la dinamica prorompente e più vitale del lavoro italiano.

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